Il ruolo degli astrociti nelle
malattie neurodegenerative
GIOVANNI
ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 06 febbraio
2021.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui
argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La patologia delle malattie
neurodegenerative è tradizionalmente centrata sulla perdita di popolazioni
neuroniche vulnerabili, considerata la conseguenza di processi degenerativi neuronici
autonomi dalla cellula. E questo nucleo di interesse principale, nella
ricerca e nelle trattazioni di patologia cellulare e molecolare del sistema
nervoso centrale umano a proposito della malattia di Alzheimer, della malattia
di Parkinson, della sclerosi laterale amiotrofica, della degenerazione lobare
frontotemporale e di molte altre, con ogni probabilità sarà conservato ancora
per qualche anno. Tuttavia è facile prevedere, soprattutto per la grande mole
di nuove acquisizioni ottenute dalla ricerca negli ultimi venti anni, che
progressivamente la focalizzazione tenderà a spostarsi dai meccanismi neuronici
acclarati a quelli gliali, prima ignorati, poi trascurati per difficoltà di
collocazione in un quadro di conoscenze “neurone-centrico”, ed ora delineati
parzialmente, ma con una precisione crescente.
I progressi nella comprensione della
funzione gliale, la disponibilità di modelli sperimentali sempre più fedeli e
completi nella riproduzione di elementi, tratti e caratteri patologici delle
malattie umane, lo sviluppo di nuovi approcci per derivare glia e neuroni da
cellule staminali pluripotenti indotte ottenute dai pazienti, nell’insieme,
stanno facendo emergere una nuova visione. Evidenze emergenti dalla ricerca
corrente forniscono supporto alla nozione che meccanismi non-cell autonomous
contribuiscano in modo significativo alla perdita di cellule nervose nella
patologia neurodegenerativa e che la glia partecipa con un ruolo
causale alla patogenesi e alla progressione di queste malattie.
Oltre al ruolo della microglia,
indagato da più tempo e già incluso nei testi didattici di patologia, stanno
emergendo ruoli degli astrociti, la cui importanza investe tutte le fasi
della patogenesi del danno e merita di essere conosciuta in dettaglio, in
quanto potrebbe far mutare l’approccio terapeutico attuale a queste gravi
malattie del sistema nervoso centrale.
Cigdem Acioglu, Lun Li e Stella
Elkabes hanno fatto il punto delle conoscenze attraverso una rassegna accurata
e aggiornata.
(Acioglu C., et al. Contribution
of astrocytes to neuropathology of neurodegenerative diseases. Brain Research - Epub ahead of
print doi: 10.1016/j.brainres.2021.147291, 2021).
La provenienza degli autori è la
seguente: The Reynolds Family Spine Laboratory, Department of Neurological
Surgery, New Jersey Medical School, Rutgers, State University of New Jersey (USA).
Riprendiamo da una recensione della settimana scorsa una sintetica
esposizione dei principali caratteri degli astrociti:
“Gli astrociti costituiscono le cellule prototipiche della macroglia
del nostro encefalo, presenti nel sistema nervoso centrale di tutti i mammiferi
e, pur con qualche differenza, in quello dei vertebrati inferiori. Gli astrociti
protoplasmatici si riconoscono nella materia grigia per la loro morfologia
caratterizzata da numerosi processi distribuiti intorno al soma cellulare ed
estesi in forma più o meno radiale, in genere occupando un volume sferoidale, ed
emanando lateralmente un gran numero di sottili e complesse diramazioni
lamellari. La superficie (s) occupata da queste propaggini cellulari è
straordinaria e, in proporzione, molto maggiore di quella occupata dal volume (v),
con un rapporto s/v = 10-20 μm-1. Così, sebbene la
frazione volumetrica occupata dall’astroglia nella corteccia cerebrale dei
mammiferi non superi il 10-20%, i processi degli astrociti, con le branche
laterali, entrano in contatto con la maggior parte della superficie dei neuroni
corticali. Le cellule astrogliali dell’uomo conservano queste caratteristiche,
essendo solo molto più grandi e complesse. In tutte le specie, almeno uno dei
processi possiede dei “piedi terminali vascolari”, così che la superficie dei
vasi del sistema nervoso centrale è virtualmente del tutto rivestita da placche
dell’astroglia.
La densità delle cellule astrocitiche nella corteccia cerebrale del ratto –
modello a basso grado di complessità del pallio di tutti i mammiferi – è considerevole,
andando da 12.000 a oltre 30.000 mm-3. L’indice glia/neuroni della
corteccia cerebrale, in gran parte determinato dai processi astrogliali, cresce
al crescere dello spessore del tessuto.
Gli astrociti fibrosi sono presenti e importanti nei tratti di
sostanza bianca encefalica, nel nervo ottico e negli strati di fibre nervose retiniche,
in tutti gli animali con retine vascolarizzate. Un elemento che conferisce una forte
caratterizzazione nelle immagini al microscopio è costituito da espansioni
digitiformi degli astrociti fibrosi negli spazi perinodali degli assoni
adiacenti. I processi cellulari degli astrociti fibrosi sono in genere più
lunghi di quelli degli astrociti protoplasmatici, nel topo come nell’uomo.
Gli astrociti velati sono stati descritti nello strato granulare della
corteccia cerebellare, dove ciascuno di essi avvolge con proprie membrane
simili a veli sottili più “cellule granulo”, cioè i piccoli neuroni
caratteristici del cervelletto. Astrociti velati sono presenti anche nel bulbo
olfattivo.
Gli astrociti intralaminari sono presenti negli strati
sopragranulari della corteccia cerebrale dell’uomo e di altri primati, ma sono
assenti in tutti i mammiferi inferiori. Sono cellule astrogliali molto simili
agli astrociti protoplasmatici degli strati più elevati della corteccia (I-III),
ma sono caratterizzati da un lungo processo, che nasce dal lato interno del
corpo cellulare, sito in genere nella lamina I, e scende per almeno due lamine,
raggiungendo spesso la lamina IV, dove termina in un piccolo bulbo. Presi
insieme, questi processi formano una palizzata. Tale struttura a
palizzata degli astrociti intralaminari ha attratto l’attenzione di molti
gruppi di ricerca, che stanno tentando di stabilirne il significato
neurofunzionale. In attesa di risultati delle ricerche in corso, alla palizzata
intralaminare è stato attribuito un verosimile ruolo nell’organizzazione
colonnare della corteccia cerebrale: la struttura astrogliale ottimizzerebbe i
processi dei moduli corticali. Intanto, in istopatologia, si rileva la
distruzione della palizzata nella neurodegenerazione della malattia di
Alzheimer. Infine, nello studio sperimentale dei traumi corticali si è
osservato il danno di questa struttura di propaggini degli astrociti
intralaminari.
Gli astrociti perivascolari, oltre a rappresentare con il fitto
rivestimento di piedi terminali vascolari cellule privilegiate nella
regolazione fisico-chimica del rapporto fra compartimento parenchimale encefalico
e compartimento ematico, come gli astrociti della glia marginale nei
confronti delle meningi, rappresentano una speciale struttura di limite e
confine del tessuto neuro-gliale rispetto ad altre strutture; i dettagli del
loro ruolo fisiologico sono ancora scarsamente definiti”[1].
La partecipazione dell’astroglia al danno che si sviluppa nelle malattie
neurodegenerative è una nozione ormai classica della patologia del sistema
nervoso centrale, ma solo di recente si è compreso che gli astrociti possono
contribuire allo sviluppo delle malattie neurodegenerative partecipando
ai processi patogenetici.
Infatti, sotto l’influenza di stimoli patologici presenti nel microambiente
del sistema nervoso centrale affetto da una patologia neurodegenerativa, gli astrociti
vanno incontro a cambiamenti morfologici, trascrizionali e funzionali,
diventando reattivi.
Gli astrociti reattivi sono eterogenei ed esibiscono due fenotipi: 1) A1, neurotossici;
2) A2, neuroprotettivi. Studi degli anni recenti, mediante analisi
trascrittomiche di singole cellule e singoli nuclei hanno scoperto nuovi
fenotipi, al di là di A1/A2, specifici per tipo di patologia. Questo tipo di
studi ha evidenziato la complessità delle risposte astrocitarie alla patologia
neurodegenerativa.
È dimostrato che gli astrociti inducono neuroinfiammazione mediante
PRRS (pattern recognition receptor signaling).
È ugualmente provato che un determinante di malattia è la perdita della
normale funzione astrocitaria.
Cigdem Acioglu, Lun Li e Stella Elkabes discutono dettagliatamente il ruolo
degli astrociti nei processi patogenetici, focalizzando l’attenzione
principalmente sulla malattia di Alzheimer, sulla malattia di Parkinson, sulla
demenza frontotemporale e sulla sclerosi laterale amiotrofica. Nel loro
articolo vi sono anche sintesi schematiche degli elementi comuni e diversi
nei meccanismi astrocitari che probabilmente guidano i processi della
patogenesi e della progressione delle malattie.
La visione emergente dall’insieme dei nuovi studi indica le cellule dell’astroglia
quali potenziali bersagli per nuove strategie di intervento terapeutico. Gli autori
dello studio concludono affermando che una conoscenza estesa ed esaustiva di
tutti gli aspetti dei meccanismi che hanno per protagonisti gli astrociti nella
patologia neurodegenerativa, in particolare gli aspetti di eterogeneità
cellulare e complessità fenotipica per ciascuna malattia, potrà
facilitare la definizione di nuove terapie molto più efficaci di quelle
attualmente in uso.
L’autore della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE
E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-06 febbraio 2021
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